Gli auguri del burocrate PDF Stampa E-mail
Scritto da r.m.   
Giovedì 04 Gennaio 2018 11:59

Anche quest'anno i ricercatori e tecnologi del CNR hanno ricevuto gli auguri di Natale, questa volta tramite la circolare “Chiarimenti applicazione art. 58 del CCNL 21/2/2002. Nota ARAN Prot. n.0007538/2017 del 11/10/2017”, a cui è allegato un parere dell’ARAN   (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), a risposta ad alcune domande formulate dal CNR. Non è possibile intendere con esattezza il contenuto della risposta dell'ARAN poiché non è fornito, come sarebbe corretto, il testo del quesito formulato. Non è chiarito l'esatto contenuto dei quesiti e se vi fossero altre domande poste dall'amministrazione.

E’ però lecito supporre che essa fosse basata su quanto messo nero su bianco, nel lontano 2013, dal dott. Alessandro Preti, all’epoca a capo della Direzione Centrale Supporto alla Gestione delle Risorse.

Su questa base, nonostante i manchi il quesito, possono trarsi alcune conclusioni, non tutte negative, dalla risposta dell'ARAN, anche se appare opportuno chiarire che i pareri dell'ARAN costituiscono una mera interpretazione "di parte" del testo contrattuale senza che l'Agenzia, che costituisce la controparte del Sindacato nelle trattative contrattuali, abbia legalmente il potere di chiarire il testo del contratto. Tale potere, qualora si volesse esercitare (anche da parte del CNR), è espressamente demandato alla Suprema Corte di Cassazione (vedi l'allegato art. 64 d.lgs 15/01 in tema di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti collettivi per il settore pubblico).

 

La circolare si sofferma su quattro punti: Autonomia e flessibilità dell'orario di lavoro, Attività fuori sede, Svolgimento attività lavorativa presso la propria abitazione, Servizio fuori sede e missione.

Esaminiamoli singolarmente.

 

Autonomia e flessibilità dell'orario di lavoro

Si afferma che “i ricercatori e tecnologi [..]sono comunque inquadrati in un rapporto di lavoro di tipo subordinato e, quindi, sono assoggettati ai poteri del datore di lavoro, secondo i principi definiti dagli artt. 2086, 2094 e 2104 del codice civile e richiamati dal d.lgs. n. 165 del 2001”. A guardar bene, gli articoli del codice citati si intitolano:

Art. 2086 Direzione e gerarchia nell’impresa

Art. 2094 Prestatore di lavoro subordinato

Art. 2104 Diligenza del prestatore di lavoro

 

Le peculiarità del rapporto di lavoro dei ricercatori e tecnologi, analogamente a quanto accade per altre categorie quali gli insegnanti, i professori universitari o i magistrati, sono tali da rendere quasi impossibile applicare sic et simpliciter tali norme che si attagliano alle categorie per le quali sono state create. Si tratta di un'autonomia scientifica e di ricerca, garantite dal noto articolo 33 della Costituzione, che trova difficilmente applicazione nei rapporti di lavoro subordinato ordinari. Più concreti sono stati i giudici della Corte di Appello di Bologna che il 29 luglio 2015, con parere avverso al CNR (che ha ritenuto non opportuno ricorrere in Cassazione), scrivono:

“In base al tenore letterale dell’articolo 58 C.C.N.L., deve ritenersi non solo che ricercatori e tecnologi abbiano la autonoma determinazione del proprio tempo di lavoro ma che sia, correlativamente, esclusa l’introduzione di forme di disciplina dell’orario di lavoro e di controllo sull’osservanza dello stesso, salve le eventuali determinazioni di una costituenda commissione paritetica. Non appare condivisibile l’assunto di parte appellante retto sull’equazione: assenza di un espresso divieto di introduzione di forme di controllo dell’orario, quindi legittima introduzione di esse.”

Il CNR è già stato condannato a pagare 25.000 euro di spese. Speriamo non perduri su questa linea che ha già dato prova di procurare solo un danno economico all’ente e morale per i suoi ricercatori.

Pertanto, pur essendo evidente che il ricercatore/tecnologo sia un lavoratore subordinato, come lo sono magistrati, professori e insegnanti, tale subordinazione appare sfumata e difficilmente paragonabile a quella di altre categorie di lavoratori, pure qualificati.

Di positivo, tuttavia, c'è che finalmente la triste imposizione del cartellino sembrerebbe definitivamente accantonata, essendo evidente dal parere ARAN che il ricercatore e il tecnologo possono CERTAMENTE autocertificare la propria attività.

Lapalissiano? Non per tutti, evidentemente...

D’altra parte lo stesso parere dell’ARAN ricorda che l’orario di lavoro di ricercatori e tecnologi non è articolato in giornate lavorative ma ha la peculiarità del computo medio su base trimestrale. L’ARAN implicitamente conferma, come era ovvio, che se è doveroso il controllo su giorni di ferie e di malattia non è invece legittimo richiedere una presenza in servizio giornaliera, poiché solo il computo delle ore è previsto dal contratto.

Non sarebbe forse il caso di chiarirlo nella circolare, visto che in molti istituti questo non è ancora sufficientemente chiaro ?

Attività fuori sede

Il direttore f.f. scrive: il dipendente sia tenuto a predisporre una specifica autocertificazione mensile, i cui contenuti potranno essere definiti dall'Ente, in base alle proprie necessità funzionali ed organizzative (in grassetto nel testo della circolare perché riportate testualmente dal parere). Qui ci sembra che il ricercatore e il tecnologo debbano provare la propria innocenza, più che sottostare agli obblighi del contratto, che nulla dice a riguardo, a parte che alla fine del mese si deve autocertificare quante ore si è lavorato fuori sede.

Cosa vuol dire il direttore generale f.f. quando scrive che essa “deve essere giustificata da specifiche motivazioni di carattere scientifico e collegata alla necessità di dover effettuare particolari compiti e funzioni che non possono essere attuati nella sede abituale di lavoro”. Poiché l’attività deve essere autocertificata, essa non è soggetta ad alcuna autorizzazione. Essa può essere, al limite, vera o falsa. Chi dunque può giudicare se le motivazioni sono sufficienti? L’unica prerogativa del datore è quella di verificare la veridicità dell’autocertificazione. E allora a cosa servono le motivazioni di cui sopra ?

D’altra parte quale esigenza organizzativa potrebbe giustificare la specifica del titolo del seminario cui abbiamo assistito, o il titolo del libro che abbiamo preso in prestito in biblioteca? Potrebbe il nome di un dipartimento o l’oggetto di una riunione produrre un impulso positivo sulla macchina organizzativa? È altresì chiaro che l’imposizione da parte dell’Ente di regole vessatorie nei confronti dei ricercatori e tecnologi sarebbero presto impugnate e rese inefficaci.

Alcune interessanti considerazioni scaturiscono poi dal confronto con il documento del dott. Preti dl 2013. Per esempio, nessuna traccia di comunicazioni preventive alla segreteria e al direttore della struttura di appartenenza. Chissà se anche questo punto del documento siglato dal dott. Preti faceva parte del quesito posto all’ARAN…

 

Svolgimento attività lavorativa presso la propria abitazione

Tutti abbiamo un parente o conoscente insegnante, giudice o professore universitario. La preparazione e la successiva correzione dei compiti in classe degli insegnanti avvengono a casa, come tutti sappiamo. I giudici lavorano a casa, recandosi in tribunale talvolta solo per le udienze. I professori preparano il materiale per le lezioni quando e dove meglio credono, e mai nessuno si è sognato di dir niente, ci mancherebbe! Quello che ci lascia basiti è: perché è vietato scrivere e correggere un lavoro scientifico a casa, oppure leggere la posta elettronica di prima mattina, o un articolo la sera tardi? Quale ricercatore o tecnologo non lo fa regolarmente? Di quale inosservanza delle regole della sicurezza si sta parlando? Forse di come manteniamo l’articolo o della posizione del capo mentre leggiamo la posta elettronica?

Di questo passo, dovremmo impedire ai nostri colleghi speleologi di scendere in grotta, ai biologi marini di immergersi, agli entomologi di andare nelle foreste. Tutti luoghi ben meno sicuri della poltrona in cui scriviamo i nostri articoli!

Evitiamo di commentare il riferimento al telelavoro e Smart working che, evidentemente, sono istituti giuridici ben diversi.

D’altra parte per un noto principio giuridico è permesso quanto non è espressamente vietato. Poiché né l’ARAN né il direttore generale f.f. sono in grado di citare una norma, contrattuale o di legge, che vieti la propria abitazione dai luoghi in cui può essere autocertificata l’attività fuori sede, ne discende che essa è permessa.

Servizio fuori sede e missione

Questo punto è davvero importante e merita un approfondimento da parte del direttore f.f. Crediamo che questo sia un problema centrale per il funzionamento dell’Ente e per la produttività dei ricercatori e tecnologi.

Lo spiegano bene i giudici del Consiglio di Stato, quando hanno espresso il proprio parere sullo schema di decreto legislativo in materia di semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca adottato ai sensi dell’articolo 13 della legge 124/2015:

Sotto il profilo contenutistico, la libertà di ricerca scientifica si traduce, essenzialmente, nel tutelare chiunque vi si dedichi da condizionamenti che possano sorgere per finalità estranee alla ricerca stessa. Occorre dunque assicurare che lo scienziato sia messo nelle condizioni di procurarsi i mezzi per svolgere le proprie ricerche, che l’attività di ricerca si svolga a più largo raggio possibile e all’interno di istituzioni “libere”.

Cosa ne è della stravagante richiesta del documento 2013, a firma del dott. Preti, di restringere al solo comune della sede di lavoro la possibilità di effettuare l’attività fuori sede? Anche questa faceva parte del quesito posto all’ARAN e cassato perché privo di una qualsivoglia base contrattuale o normativa ?

 

 

Sa bene chi vive da ricercatore e tecnologo quali sono i veri problemi dell’ente. Lo sanno gli oltre 3100 tra ricercatori e tecnologi di III livello (pari al 73% di tutto il personale a tempo indeterminato nei livelli I-III) e 1770 precari mortificati dalla perdita di chance (senza parlare delle migliaia di assegnisti di ricerca...), a cui è preclusa la possibilità di carriera per la mancata applicazione degli articoli del contratto, perché s’impiega anni a nominare una commissione o si bandiscono concorsi surreali la cui fine potrebbe essere, quella  sì,  a tempo indeterminato. Tutti i giorni i ricercatori subiscono il mancato riconoscimento delle responsabilità che si assumono nella direzione di progetti di ricerca e di formazione di giovani ricercatori, il mancato adeguamento dell’indennità, di gran lunga la più bassa del comparto, il mancato controllo delle malversazioni messe in atto, il prosciugamento del FOE, a favore invece di stipendi a molti zeri per dirigenti e direttori.

Iniziamo un nuovo anno di lotta, consapevoli che il CNR potrà ambire a giocare il ruolo nevralgico che gli è stato assegnato solo se i suoi ricercatori e tecnologi saranno messi nelle condizioni di operare, non certo legati da lacci e lacciuoli imposti senza la minima conoscenza di cosa significhi fare ricerca scientifica e come incentivarla.

Ultimo aggiornamento Venerdì 05 Gennaio 2018 19:28
 
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