Le incompatibilità del dipendente degli enti di ricerca alla luce della legge e del contratto Stampa
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Mercoledì 05 Dicembre 2018 11:34

Le incompatibilità del dipendente degli enti di ricerca alla luce della legge e del contratto

Come noto, l’art 58 del CCNL Ricerca 1998-2001 prevede che “ricercatori e tecnologi possono impiegare fino a 160 ore annue aggiuntive rispetto all’orario di lavoro in attività destinate ad arricchimento professionale quali ricerca libera utilizzando le strutture dell’Ente, attività di 
docenza, organizzazione di seminari e convegni, collaborazioni professionali, perizie giudiziarie per le quali l’autorizzazione da parte dell’Ente, ove richiesta, è sostituita dalla preventiva comunicazione all’Ente medesimo da parte dell’interessato.”

La recente procedura informatizzata sul portale SIPER dell’Ente per gli incarichi extraistituzionali unifica le richieste di incarico sottoposte ad autorizzazione e comunicazione. Tale unificazione in un unico flusso informativo ha di fatto sterilizzato la previsione contrattuale sottoponendo anche le semplici comunicazioni – che per definizione sono un atto unilaterale – ad una procedura autorizzativa.

I dipendenti che hanno utilizzato la procedura anche nel caso di semplice comunicazione ottengono un messaggio secondo cui la comunicazione è in attesa di essere valutata e non di rado essi ricevono un messaggio del tipo:

“E' stata riaperta la comunicazione/richiesta di autorizzazione Incarico N°: XX  >  > Motivazione: YY”

Di per sé questa procedura appare assai dubbia e probabilmente illegittima.

Ma certamente illegittima appare questa procedura nel caso più frequente di comunicazione dei ricercatori tecnologi, vale a dire quella di incarico per docenza universitaria o quelle per incarichi senza retribuzione.

Difatti la normativa vigente esclude espressamente in alcuni casi – come quello della richiesta di docenza- la necessità di un’autorizzazione dell’Ente, che il contratto collettivo degli Enti di Ricerca ha sostituito con una semplice comunicazione, come innanzi ricordato.

Abbiamo pertanto richiesto al nostro ufficio legale un parere sulla legittimità del comportamento dell’Ente nel richiedere in tali casi l’utilizzo della procedura SIPER unificata per autorizzazioni e comunicazioni di cui all’art. 58 del CCNL 1998-2001.

Di seguito, il parere ricevuto.

L’originaria disciplina delle incompatibilità del dipendente pubblico con altri incarichi pubblici o privati deriva da un’impostazione originaria derivante dallo status di pubblico dipendente che si poneva al servizio dello Stato con un rapporto di esclusività. Da tale originaria impostazione derivava, con pochissime eccezioni, la possibilità per lo stesso di esercitare il commercio, l’industria o una qualsiasi posizione fino al divieto di rivestire cariche in società con fini di lucro.

A seguito della privatizzazione del pubblico impiego di cui al d.lgs 29/92 e soprattutto 165/01, tale originaria impostazione viene ad essere radicalmente modificata, ancorché non del tutto eliminata.

Attualmente, la disciplina delle incompatibilità da parte del dipendente pubblico con la disciplina legale e contrattuale viene disciplinata in primo luogo dall’art.53 del d.lgs 165/01.

Questa norma, in ossequio al principio generale dell’esclusività del servizio pubblico con altre attività private esclude da una parte che le amministrazioni possano conferire incarichi a propri dipendenti o a soggetti che siano dipendenti di altre amministrazioni in posizioni apicali e non.

Il comma 6 del medesimo articolo prevede poi un generale divieto di conferire incarichi da parte delle amministrazioni, con esclusione delle ipotesi in cui ciò sia possibile, sebbene esclusivamente in caso il dipendente abbia ricevuto la previa autorizzazione dell’ente di appartenenza.

Da tale regime di divieto o comunque autorizzativo sono escluse, per ragioni soggettive, determinate categorie, come ad esempio i docenti universitari a tempo definito che, eccezionalmente, possono svolgere attività libero professionale (avvocati, ingegneri, commercialisti etc).

Sono inoltre esclusi per ragioni oggettive una serie di incarichi, anche a titolo oneroso, indicati analiticamente dal medesimo articolo e precisamente:

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;

c)  dalla partecipazione a convegni e seminari;

d)  da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

e)  da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

f)  da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

f-bis)  da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica.

L’attuale assetto è peraltro frutto di una precisa indicazione del d. lgs. 150/09, più noto come riforma Brunetta, che ne ha ridisegnato i contorni in un’ottica di maggiore precisione al fine di evitare confusione.

Se dunque i dipendenti pubblici non possono svolgere normalmente incarichi retribuiti se non a determinate condizioni e previa autorizzazione, restano escluse da un lato determinate categorie soggettivamente identificate nonché determinate attività per ragioni diverse.

Il legislatore ha evidentemente inteso che non soltanto alcuni soggetti potessero, senza ledere il rapporto fiduciario con l’amministrazione di appartenenza, ma che anche talune attività fossero particolarmente meritevole di un’attenzione particolare, come le aspettative sindacali, ma anche le attività formative e gli incarichi di docenza e ricerca scientifica.

Anche in tali casi, ovviamente, il dipendente sottrae del tempo alla propria amministrazione ma si ritiene evidentemente che l’attività formativa ricevuta o impartita sia meritevole di una particolare favor legislativo.

Non potrebbe quindi la contrattazione collettiva escludere tale prerogativa, o sottoporla a ulteriori limiti (come ad esempio la preventiva autorizzazione) e tanto meno potrebbe farlo l’ente di appartenenza.

Alla luce di tali considerazioni, occorre valutare la liceità di un comportamento dell’ente che imponga al dipendente che rientri nei casi innanzi visti (docenza, formazione, aspettative sindacali etc) non una mera comunicazione, non soggetta ad alcuna procedura di autorizzazione, ma una vera e propria autorizzazione.

A nulla rileva, ovviamente, la forma con la quale tali attività, ad esempio lo svolgimento di docenze universitarie, sia resa ovvero formalizzata dall’università (Contratto autonomo privato, di collaborazione continuativa, etc). Analogamente a come non sarebbe ammissibile un controllo su come sia resa la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie ovvero la partecipazione a convegni e seminari, o ancora la modalità di conferimento dell’incarico da parte dell’organizzazioni sindacali.

In tutte queste ipotesi, l’amministrazione non potrà negare il diritto del dipendente ad accettare, in qualunque forma, l’incarico offertogli quando rientrante nelle casistiche innanzi evidenziate.

In risposta dunque al quesito prospettato, si ritiene che il ricercatore tecnologo il quale riceve un incarico retribuito di un’attività di docenza, di ricerca scientifica o un’attività per la quale è previsto il solo rimborso spese o comunque rientrante in una delle casistiche innanzi vista, non debba affatto utilizzare la procedura SIPER e certamente, qualora desideri farlo, non ha necessità di attendere alcuna risposta dal sistema, limitandosi lo stesso ad inviare una mera comunicazione.

In via alternativa, qualora lo desideri, potrà comunicare, anche mediante semplice email o PEC, in uno spirito di leale cooperazione, l’incarico ricevuto precisando che, ai sensi dell’art 53 della legge 165/2001, lo stesso non è soggetto ad autorizzazione.

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 06 Dicembre 2018 20:05