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Buoni pasto e smart working: incompetenza o malafede? PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Venerdì 17 Aprile 2020 11:34

La nota del giorno 8 aprile 2020 (indicazioni operative in materia di personale durante il periodo emergenziale – covid.19) rappresenta un insieme confuso di interpretazioni unilaterali e fantasiose dell’Amministrazione che unisce banali ovvietà con improbabili salti pindarici sugli aspetti di maggior rilievo quali l’orario di lavoro e i buoni pasto, sottratti al personale senza alcuna motivazione plausibile.

Cominciamo dal finale “i datori di lavoro, anche per il mese di marzo possono, se necessario, provvedere alla modifica degli attestati di presenza in ragione della presente comunicazione entro e non oltre il 30 aprile c.a.

L’amministrazione del CNR, in sostanza, istiga a compiere il reato di falso ideologico nel modificare degli atti pubblici per inserire al loro interno un dato non veritiero.

Con la consueta attitudine pilatesca il compito di modificare gli attestati di presenza è demandato ai “datori di lavoro”, in questo evidenziando ancora una volta la scarsa padronanza della materia visto che all’interno dell’Ente il datore di lavoro è necessariamente unico e i direttori delle strutture che ricevono talune deleghe, di certo, non possono essere definiti “datori di lavoro” .

Veniamo alla circolare, da dove l’amministrazione ritiene di trarre le sue argomentazioni?

Si inizia con la saga dell’ovvio, “Nella circolare n. 2/2020 del Ministero della Funzione Pubblica, avente il seguente oggetto: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19”, si evidenzia che le disposizioni riportate nell’art. 87 del decreto “Cura Italia” rappresentano disposizioni cardine dell’attuale regime di lavoro nel pubblico impiego.” Dunque, la circolare ci dice quale rilievo ha una legge dello Stato rispetto ad un’altra legge dello Stato. Naturalmente, trattandosi di norma primaria, essa potrebbe prevalere su altre contrattuali e regolamentari, se non fosse che è l’art. 2 del d.lgs 165/01 a dettare le regole in questione. Naturalmente, l’art. 87 del dl 18/2020 non disciplina i rapporti tra le norme e certo la circolare non ha tale potere… ma invero non lo esercita in quanto, lungi dall’affermare quanto detto dai dirigenti del CNR, si limita ad affermare che l’art. 87 costituisce “- norma cardine e di portata generale in materia di pubblico impiego, nei termini che verranno in seguito evidenziati –“ e più esattamente costituisce la cornice nella quale devono essere iscritte le ulteriori disposizioni che - all’interno del citato decreto - affrontano istituti applicabili al personale pubblico “sviluppando e riconducendo ad una cornice regolativa di rango primario l’indicazione già presente nella direttiva n. 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione (d’ora in poi “direttiva n. 2/2020”).”

Dunque, dopo la corretta premessa che allo stato attuale il lavoro agile costituisce “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”, si osserva apoditticamente che “dipendenti dell’Ente “non sono più chiamati ad aderire al lavoro agile”, in quanto, tutti i dipendenti del pubblico impiego sono collocati in lavoro agile per l’intera durata dell’emergenza, fatti salvi i casi in cui gli stessi dipendenti non possono svolgere le loro mansioni in modalità agile a cui si applicano gli altri istituti contrattuali previsti nell’art. 87, comma 3”. Si tratta di un’affermazione errata in quanto il decreto 18 citato non pone in lavoro agile i dipendenti ma si limita a affermare che si tratta della forma di lavoro tipica e che quindi la PA deve individuare il personale per il quale sia indispensabile la presenza in sede per gli adempimenti indispensabili interni ed esterni e può chiedere, indipendentemente dall’eventuale adesione del dipendente all’accordo normalmente necessario, di lavorare in lavoro agile anche avvalendosi di propri mezzi informatici.

D’altronde, il CNR, nella persona del suo direttore generale, è stato assolutamente incapace di organizzare il lavoro negli Istituti, mantenendo il necessario livello di sicurezza, e pertanto ha mascherato tale incapacità con norme inutili e lesive della dignità del personale, sminuendo la sua capacità di contribuire in un momento così delicato per il Paese.

Occorre che l’Amministrazione individui il personale e non, al contrario, che questo sia in lavoro agile di ufficio…

Poi la minaccia.

“Qualora i dipendenti dovessero reiterare la loro posizione, il Legislatore evidenzia che gli istituti da applicare sono quelli previsti - in via residuale al lavoro agile - dell'art. 87, comma 3 del DL 17 marzo 2020 n. 18, ossia: "le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva”

Naturalmente ben altro dice la legge e la circolare!

Si dice infatti che “Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva.”.

Dunque non è la volontà del dipendente ma l’impossibilità oggettiva del ricorso al lavoro agile (per mancanza degli strumenti, per oggettiva impossibilità di rendere in tale forma la prestazione etc.).

Quindi l’assurdo sillogismo.

“In merito alla gestione dei buoni pasto, si segnala che l'iniziale orientamento dell'amministrazione di non concedere i buoni pasto in regime di lavoro agile è stato poi confermato e sancito nei diversi interventi governativi e, nello specifico, dall’art. 19, comma 3 - Decreto Legge n. 09 del 02 marzo 2020 – e dall’art. 87, comma 3 - DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18”.

Cosa dicono le due chiamate disposizioni e la non richiamata (stranamente) circolare?

Il terzo comma dell’art. 87 nulla, limitandosi la norma a chiarire che “Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l'amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.

E il terzo comma dell’art. 19 dl9/20?“Fuori dei casi previsti dal comma 1, i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, imposti dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19, adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, costituiscono servizio prestato a tutti gli effetti di legge. L'Amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.”

Per essere chiari:

1. l'indennità sostitutiva di mensa NON è il buono pasto, è di importo risibile rispetto ad esso e viene erogato nella amministrazioni non fornite di mensa indipendentemente dai buoni pasto.

2. Tale esclusione è prevista in caso in cui il dipendente viene esentato dal servizio, per non avere la PA possibilità di impiegarlo in tale modalità, non quanto lavora in lavoro agile!

Infatti, neppure la circolare, che comunque non ha certo valore normativo, dispone una simile esclusione limitandosi ad affermare (propriu motu, cioè senza supportarlo con nessuna norma) che “Con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto, si puntualizza, quindi, che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali.”

Quindi:

1. Il buono pasto non è escluso per il personale in smart working, anzi come regola è previsto dall’art. 20 comma primo che dispone “1. Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda.”; Tutt'altro!

2. È possibile che con accordo sindacale sia escluso, ma non risultano accordi in tal senso.

Infine, i R&T fanno già lavoro agile che è una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”

Pertanto per tutti i dipendenti, utilizzino essi il lavoro agile o il lavoro fuori sede autocertificandolo, è illegittima la mancata erogazione del buono pasto.

Del tutto immorale poi che tale violazione del contratto sia fatta per produrre un avanzo di bilancio nelle casse del CNR.

Come mai i sindacati confederali sono stranamente silenti sul punto? Non sarà forse per i vari accordi locali – illegittimi – che loro hanno concordato con l’Ente e che consentono a chi in sede centrale opera su turni di percepire il buono pasto dopo sole 4 ore?

Infine, gli arcaici buoni pasto cartacei dimostrano ancora una volta l’incapacità dell’Amministrazione Centrale non solo di farsi promotrice dell’innovazione ma anche semplicemente di seguirla. Eppure le recenti modifiche al regime di tassazione dei buoni pasto, tese ad incentivarne la modalità elettronica, comportano una perdita secca per il dipendente costretto a ricevere i buoni cartacei fino a 250€ annui a seconda dell’aliquota di tassazione.

Articolo 33 si impegna a promuovere – gratuitamente - un’azione collettiva in tal senso per le lavoratrici e i lavoratori che s’impegnino a versare i buoni pasto illegittimamente sottratti ad Emergency e Medici Senza Frontiere (MSF) che stanno, in questo momento, attivamente collaborando, portando la loro esperienza internazionale nelle zone calde colpite da emergenze epidemiche.

Ultimo aggiornamento Venerdì 17 Aprile 2020 14:58
 
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