Lo sciopero è un diritto dei lavoratori e non dei sindacati Stampa
Scritto da Administrator   
Giovedì 11 Aprile 2019 14:39

Decenni di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale sembrano svaniti nelle considerazioni lette nei comunicati, ufficiali e ufficiosi, del più grande sindacato italiano.

Lo sciopero come diritto delle OOSS è una tesi che trova consenso negli ordinamenti corporativi (ad esempio, in quello fascista italiano) ma che viene aborrita prima di tutto dai sindacati, quindi dalla legge (in particolare, quella sui servizi pubblici essenziali, l. 146/90)).

“Deve escludersi che tale titolarità (dello sciopero, ndr) spetti alle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Ed, infatti, lo sciopero può essere praticato anche da gruppi spontanei di lavoratori non organizzati in sindacato – eventualmente in polemica con questo e sarebbe del tutto arbitrario escludere tale ipotesi dalla tutela predisposta dall’art. 40 Cost.” (Giugni, Manuale di diritto sindacale, Bari, 2014, 262-263).

Risalente nel tempo è anche la tesi, sostenuta da una OOSS ma che ci si aspetterebbe piuttosto fatta propria dal datore di lavoro, secondo cui non vi sarebbe un danno proporzionale AI LAVORATORI. Più esattamente: “Chi aderisce allo sciopero dovrebbe avere piena consapevolezza e direttamente e personalmente "subirne le conseguenze". Non percepire il salario e il buono pasto riferito al o ai giorni per i quali si fa sciopero..”. Ad avviso di questo sindacato, quindi, o il lavoratore subisce anche lui un danno economico al pari del datore o lo sciopero è legittimo, una sorta di equivalenza in altre parole.

Si tratta della tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza fino al 1980 (sic!) quando la Cassazioni chiarì che l’unico limite allo sciopero è dato dalla legge (come accade nei servizi pubblici essenziali e come recita l’art. 40 della Costituzione) ovvero dal danno alla produttività, vale a dire l’eliminazione della capacità produttiva del datore (come accadrebbe se si scioperasse senza spegnere correttamente i macchinari, ad esempio).

Viceversa, non costituisce oggi un limite allo sciopero l’arrecare il maggior danno possibile al datore di lavoro con il minor costo per i lavoratori. Anzi, maggiore è il danno al datore (anche in termini di disagi organizzativi, ovviamente, e minore il costo degli scioperanti, più lo sciopero può dirsi riuscito.

Questa è la tesi e della dottrina e della giurisprudenza che da Cass. 30/1/80 n. 711, , senza eccezioni…, hanno affermato tali principi.

Lo afferma infatti sempre il compianto Gino Giugni che ricorda come “l’entità del danno…. Non è elemento di qualificazione dello sciopero come legittimo o meno … in quanto lo sciopero consiste nella non esecuzione dell’obbligazione scaturente dal contratto di lavoro (op. cit., pag.279-280-281) la differenza è sul tipo di danno non sulla quantità di danno inferto. “.

Pertanto, vengono dalla giurisprudenza e dottrina (Giugni, Ghera, Di Majo, per citare i più rilevanti; contra, CGIL) considerati legittimi gli scioperi cd. anomali, che producono un ingente danno al datore ma un minimo danno al lavoratore.

Ultimo aggiornamento Venerdì 12 Aprile 2019 19:30