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La mafia, gli immobili e il porto del CNR PDF Stampa E-mail
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Martedì 07 Febbraio 2023 11:59

Come preannunciato, cerchiamo di fare una breve cronistoria della genesi della sede del CNR di Capo Granitola, su cui come noto grava il terribile sospetto che sia stata - occasionalmente - a disposizione del capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro.

La vicenda della sede ha le sue origini nei primi anni 2000, ma è opportuno, a questo punto, capire in quale contesto essa si colloca.

Nei primi anni ’80 il CNR acquista, per una cifra di circa diciotto miliardi di lire dell’epoca, un immobile ancora in fase di costruzione, a Palermo, in Via dei Cantieri per destinarlo a sede della propria area di ricerca. Come prevedibile e puntualmente verificatosi, l'immobile viene poi dichiarato non adattabile a sede di una struttura di ricerca e non viene mai utilizzato.

Una costante per l’Ente se si ricordano le vicende successive del terreno acquistato a Valenzano (Bari) per 4 milioni di Euro e mai utilizzato perché si è rivelato non edificabile (dopo l'acquisto), oppure della sede di Lecco in via Promessi Sposi, acquistata con parte delle somme destinate all'area di Padova e mai utilizzata, o come il tentativo di acquisto di locali a via Duomo a Napoli con annesse pescherie sottostanti, sventato all’ultimo minuto, senza tralasciare il tentativo di acquisto della Myrmex a Catania poi annullato e con qualche membro della commissione in palese conflitto di interessi, la locazione ad un prezzo 10 volte quello congruo a Mangone, in attesa di vedere come finirà la vicenda della Manifattura Tabacchi a Bari che il CNR si è impegnato ad acquistare per oltre 50 milioni di Euro.

A fare le spese di queste operazioni immobiliari discutibili, oltre al bilancio dell'Ente, è sempre il personale che si trova ad operare in strutture prive delle necessarie autorizzazioni, per cui è difficile ogni ristrutturazione o, come nel caso di Mangone, abbandonato a se stesso, quando la sede non è più funzionale a mungere le finanze pubbliche.

Tornando a Palermo, proprio per le operazioni legate a questa vendita al CNR, l’imprenditore Gaspare Gambino viene arrestato per false fatturazioni. Gaspare Gambino viene poi coinvolto in varie inchieste di mafia, considerato vicino a Pippo Calò e arrestato nuovamente nel 1995 in un’inchiesta sulla "Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale", definita dagli inquirenti come la Banca di Cosa Nostra.

Nel 1992 il CNR rivende (per 19,5 miliardi di lire) l'immobile ad una impresa edile ed avvia la procedura per prendere in affitto, come sede dell'area di ricerca, dei locali di proprietà della stessa impresa edile che ha acquistato l'immobile di via dei Cantieri. A tal fine il CNR versa 5,5 miliardi di lire di caparra confirmatoria, impegnandosi a versare una locazione annuale di 3,6 miliardi di euro. Basta fare 4 conti, per capire chi ha finanziato l'acquisto della sede di via Cantieri a Palermo.

Nel 1999, la Commissione Antimafia, nel corso dell’audizione dei magistrati della procura di Palermo, ricorda, “nell’ambito del discorso sul rapporto tra CNR e mafia, il caso dell’immobile di via La Malfa, del costruttore Raffa, che è stato affittato al CNR pur non avendo la destinazione d’uso e la certificazione urbanistica del comune di Palermo.“ Sempre nel 1999, riferendosi ai locali di via U. La Malfa, ancor oggi in uso, in Commissione Antimafia si parla di “un rapporto organico a Palermo fra il Consiglio nazionale delle ricerche e la mafia, quale è provato dalla sede attuale del CNR, che è tutto il contrario del modello di area di ricerca definito da un apposito progetto finalizzato del CNR ed è privo di agibilità perché la sua destinazione d’uso è diversa, ma che ha una caratteristica ed una forza: quella di essere di proprietà di costruttori arrestati per associazione mafiosa, per riciclaggio aggravato, eccetera, i quali con il CNR avevano una vecchia partita evidente in uno scandalo che vide fallire le loro trattative negli anni Ottanta”.

E’ in questo contesto che, pochi anni dopo, nel 2003 si affaccia la possibilità di una sede del CNR a Capo Granitola. Contrariamente alle altre sedi, questa viene offerta a titolo gratuito. Nel maggio 2003 infatti viene firmato un protocollo di intesa fra Regione, Italia Navigando (emanazione di Sviluppo Italia SpA) e la sezione locale dell’allora IRMA-CNR (firmata dal responsabile locale e non dal direttore). Singolarmente il protocollo d’intesa indica con estrema precisione quale gruppo di ricerca (Gruppo interdisciplinare di ricerca oceanografica, coordinato dal dott. Salvatore Mazzola, all'epoca composto da 3 unità di personale strutturato) avrà a disposizione i locali della ex Tonnara: ovvero oltre 5000 mq coperti,  anche se all'inizio sono assegnati "solo" 1000 mq coperti, più oltre 15.000 mq di superficie scoperta e 7500 mq di specchio di mare. In tale protocollo l’ex tonnara viene concessa a Italia Navigando e si demanda ad un’apposita convenzione i rapporti fra le tre parti.

I solerti uffici centrali, abituati negli anni a spendere cifre esorbitanti anche in cambio di sedi inadatte, trovano la cosa anomala ed infatti rispondono in modo interlocutorio sottolineando che, in ogni caso, vi saranno costi di ristrutturazione da non trascurare visti i volumi in gioco, oltre alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Niente da fare, la Regione (capitanata all’epoca da Totò Cuffaro, poi condannato per favoreggiamento verso persone appartenenti a Cosa nostra) ha deciso di “consegnare”, direttamente e a titolo gratuito al CNR la parte di sua competenza precedentemente individuata in sede di protocollo d’intesa, e di “concedere” la restante parte a Italia Navigando, a titolo oneroso. In modo alquanto sorprendente il costo complessivo dei lavori di ristrutturazione e di adeguamento funzionale degli edifici assegnati in uso esclusivo al CNR sarà sostenuto totalmente da Italia Navigando SpA!.

Nasce così la sede di Capo Granitola dell’IAMC che nel 2008 viene inserita nell’atto costitutivo dell’istituto.

Poco prima del Natale 2010 viene recapitata alle principali redazioni dei giornali siciliani una strana lettera, firmata Uno, nessuno, centomila: “Caro Matteo, tu che vivi nel caldo tepore dei focolari domestici mazaresi sappi che io ti vedo. Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia con il tuo gommone a forma di pane. Ti vedo in quella farmacia di Mazara lavare via i tuoi malanni. Li vedo poi quei pizzini tuoi, volare, liberi come gabbiani, al Porto Nuovo. E vedo ancora il tuo sguardo preoccupato leggere queste parole. SAPPI CHE IO TI VEDO".

Come è agevole verificare sulle immagini satellitari, a Torretta di Capo Granitola vi è un solo luogo in cui l’accesso al mare è semplice, un porto,  esattamente di fronte alla Tunisia, isolato, ben controllabile e solitamente non molto affollato... Pane è un marchio molto noto nel settore nautico  e nel porticciolo del CNR appare spesso un'imbarcazione...

torretta di Capo Granitola

 

 

Il resto è noto, da ultimo un' informativa, del 19/11/2021, in cui i Carabinieri riferiscono di persone che farebbero la spola con Torretta Granitola e che il latitante potrebbe trovarsi lì come aveva già rivelato l’inchiesta di Report nel 2017, e poi un audit interno che non riesce ad ottenere una parte significativa della documentazione della sede di Capo Granitola; ciò nonostante emerge una villa adibita ad uso foresteria (c’è un elenco degli utilizzatori?) locata, dimenticando di registrare il contratto, ad un soggetto con soci ingombranti, in particolare uno condannato come fiancheggiatore e il cui fratello si scopre oggi essere l’inquilino del secondo covo di Matteo Messina Denaro.  Una sede in ogni caso ben protetta, visto che la guardiania notturna è affidata non ad un soggetto assunto da una normale ditta di sicurezza ma ad una persona pagata come ditta individuale per servizi di manutenzione ordinaria e piccoli lavori negli spazi esterni, con procedure giudicate irregolari dall'audit interno, con fatture prive di partita IVA; una persona che, da quanto riferito dalla trasmissione Report, risulta essere armata.  Come commentare poi il fatto che, senza alcun titolo, venisse pagata la locazione di locali del residence Marbella in Palermo, dove l’istituto non aveva sedi, per ospitare quel personale ‭che, forse, non desiderava frequentare con assiduità la sede di Capo Granitola, dove pare non si andasse fuori orario, senza prima avvertire la "ditta di pulizie"...

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 09 Febbraio 2023 18:24
 
Uno nessuno centomila: la lotta alla mafia del CNR PDF Stampa E-mail
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Lunedì 30 Gennaio 2023 11:40

La cattura del mafioso Matteo Messina Denaro è uno spartiacque nella recente cronaca italiana. Al di là dei dubbi legittimi sulla sua cattura/consegna, sulle coperture istituzionali di cui non può non aver goduto, delle incognite sul futuro della mafia e sulla lotta delle istituzioni, è comunque un momento in cui ci si schiera, tutti, in modo silente o esplicito. E lo si fa tra solo due possibilità: contro la mafia o per la mafia, senza se e senza ma. Punto.

CUG/CNR, CGIL, CISL, UIL e ANIEF l’hanno fatto. Peccato che il messaggio di condanna alla mafia, quando presente, sia proseguito dopo il Punto. Linguisticamente diventa solo il preambolo del vero scopo dei comunicati, il distinguo, giustificato dalla difesa di un presunto attacco mediatico rivolto al personale e all'Ente ("macchina del fango ... gogna mediatica ... colpire l’Ente e ... quanti operano nei laboratori”, "strumentalizzazione che inficia la serenità e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici"). Peraltro mai corredato neanche dal rituale auspicio che l’Ente al suo interno e gli organi inquirenti facciano piena luce sui fatti riferiti.

L’avversario è subdolamente spostato da chi infanga Ente e lavoratori con i suoi comportamenti criminali ai media che cercano di raccontare i fatti e stabilire la verità.

Antefatto è ovviamente il servizio di Report (dal minuto 31) che a distanza di 6 anni ripropone l’ipotesi, suffragata da testimonianze e rafforzata dagli elementi raccolti nel frattempo dagli inquirenti, che la Sede di Torre Granitola del CNR abbia ospitato, o comunque sia stata a disposizione, del succitato mafioso. Qualcuno dei vari sindacati o del CUG può spiegare esattamente in quali passaggi il personale del CNR sarebbe stato attaccato? Vengono menzionati specificamente dei dipendenti del CNR, si sente la loro viva voce riferire fatti gravissimi. E questo sarebbe l’attacco al personale e all’Ente? Sarebbe come affermare che l’intera Sanità italiana è mafiosa poiché alcuni suoi lavoratori hanno forse scientemente coperto l’identità del mafioso che curavano, oppure che l’intera categoria degli organi inquirenti è mafiosa perché alcuni suoi esponenti sono stati collusi con la mafia. Stesso dicasi per la magistratura. Bestialità.

Sono i distinguo che fanno la differenza tra la lotta alla mafia vera e quella finta fatta di sole parole, gli alibi dietro i quali la mafia si nasconde e prolifera, come l’omertà, la paura, la collusione, il garantismo, ad ogni livello, a partire dal cittadino comune fino ai vertici delle istituzioni. In una parola il sottobosco del negazionismo.

La lotta alla mafia si fa e non è difficile riconoscerla. Un esempio al nostro interno? La registrazione del colloquio tra Laura Giuliano e Mario Sprovieri riproposta da Report nella scorsa puntata, in cui Sprovieri affermava letteralmente che “il boss ricercato al mondo numero uno, è là.” Per i più giovani o distratti, Laura Giuliano, all’epoca Direttrice dell’Istituto IAMC da cui la sede di Torre Granitola dipendeva e di cui Sprovieri era il responsabile, si rivolse alla magistratura nel quadro di quello che poi è diventato lo scandalo più grave che abbia mai colpito l’Ente, di cui la vicenda del mafioso è solo una costola. Ebbene, Laura Giuliano ha riferito di sua iniziativa alla magistratura le informazioni sulla mafia di cui era venuta a conoscenza.

Evidentemente qualcuno (molti) hanno la memoria un po’ corta e forse c’è bisogno di ricordare i vari elementi di questa vicenda, inquietante per l’Ente.

C’era una volta l’IAMC, un Istituto sulla cui gestione si erano accesi i riflettori e su cui la magistratura stava indagando. Una delle sedi di quest’Istituto era quella di Capo Granitola, sulla cui origine torneremo nelle prossime puntate. L’amministrazione del CNR aveva attivato un audit interno sulla gestione dell’IAMC e una parte significativa della documentazione richiesta dalla Commissione di indagine, relativa alla sede di Capo Granitola, non era stata esibita.

Nonostante l’ingiustificata mancanza di buona parte della documentazione, venivano comunque evidenziate anomalie, alcune delle quali direttamente riferibili alla presenza – ormai accertata – di Matteo Messina Denaro nella zona, quale la locazione non registrata, da parte della sede secondaria, di una casa sita a Torretta Granitola ad un soggetto con soci ingombranti, in particolare uno condannato come fiancheggiatore e il cui fratello si scopre oggi essere l’inquilino del secondo covo di Matteo Messina Denaro. Cosa dire della guardiania notturna affidata non ad un soggetto assunto da una ditta di security ma assunto da una ditta di pulizie, e che da quanto riferito dalla trasmissione Report, risulta essere armato? Cosa dire del fatto che, senza alcun titolo, venisse pagata la locazione di locali del residence Marbella in Palermo, dove l’istituto non aveva sedi, per ospitare del personale ‭che evidentemente non frequentava con assiduità la sede di Capo Granitola?‬

Va notato che - nonostante le ripetute richieste - l’audit in questione non fu mai reso noto al CdA e, solo a seguito della trasmissione di Report, ne fu consegnata una versione edulcorata, priva di riferimenti specifici.

Eppure il vertice del CNR, a seguito dell’audit e poi delle rivelazioni di Report, non aveva sentito la necessità di prendere alcun provvedimento, se non nei confronti del segretario amministrativo dell’Istituto. Neanche a seguito della perquisizione a carico del DG in carica, avvenuta presso la sede centrale dell'Ente. Di contro, il presidente Inguscio aveva nominato una commissione esterna, che di fatto ha ottenuto come unico risultato quello di non andare a fondo sulla vicenda. Anzi, nell’ottobre del 2019 decide di intitolare una sala della sede di Torre Granitola ad una vittima della mafia.

Riassumendo: il responsabile della sede di Torre Granitola dice alla propria direttrice che Matteo Messina Denaro è lì, a Capo Granitola. Un altro dipendente afferma, nell’anonimato, di averlo riconosciuto nella sede del CNR. Alla luce dei fatti emersi a seguito dell’arresto del capo della mafia, che non ha mai modificato il suo volto e che, in effetti, viveva in quei luoghi, questi fatti assumono ben altro rilievo. A questo si aggiungono una serie di informative degli organi di polizia che riferiscono della presenza di Matteo Messina Denaro nella zona, fra cui una del 19/11/2021 dei Carabinieri che riferisce di persone che farebbero la spola con Torretta Granitola e che il latitante potrebbe trovarsi lì. A beneficio di chi non conosce i luoghi, Torretta Granitola è un centro abitato di 131 persone, in cui è presente la sede dell’ex IAMC.

Nel maggio del 2022 la Commissione Antimafia si reca in trasferta presso la prefettura di Trapani, e nel corso di un’audizione un uomo viene sorpreso a registrare mentre si parla della sede del CNR. Mentre la Commissione Antimafia aveva, dunque, correttamente preso sul serio la vicenda dell’uso "anomalo" di quella sede, mentre i Carabinieri inviavano informative circa la presenza di Matteo Messina Denaro a Torretta Granitola, i vertici del CNR non trovavano di meglio che intitolare una sala ad una vittima della mafia.

Non è da meno il silenzio imbarazzante dell’attuale vertice del CNR, a seguito di quanto sta emergendo.

La pentola della “borghesia mafiosa” è stata formalmente e finalmente scoperchiata. Ora sta a noi andarci a guardare dentro e pretendere che lo si faccia a tutti i livelli, magari scoprendo le responsabilità personali dei personaggi che vi hanno in vario modo sguazzato e che con tutta probabilità sono ancora nell’Ente a tutti i livelli.

E’ questo l’unico modo concreto per difendere e tutelare realmente l’Ente ed i suoi lavoratori: invocare chiarezza, verità e pulizia all’interno. Lo dobbiamo innanzitutto a Laura Giuliano ed ai colleghi, meno esposti ai riflettori, che con immenso coraggio hanno denunciato il malaffare. Lo dobbiamo ai giovani che sono entrati nel frattempo nella nostra famiglia e a quelli che verranno, perché fare giustizia diventi concretamente un monito ed un indirizzo chiaro che l’Ente non tollera qualunque forma di malaffare, tanto meno la collusione, la connivenza, l’omertà. Lo dobbiamo a noi stessi e al Paese.

A proposito, nel frattempo Laura Giuliano è stata di fatto costretta alle dimissioni dal CNR; per singolare e sfortunata coincidenza, dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro e negli stessi giorni in cui Report ha riproposto il colloquio registrato tra i due, Mario Sprovieri è stato appena nominato Direttore dell’Istituto CNR che ha assorbito parte dell’ex IAMC, ormai dissolto per cancellarne la memoria.

Ultimo aggiornamento Lunedì 30 Gennaio 2023 15:17
 
PNRR: Piano Nazionale Rapina Ricerca? PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Domenica 08 Maggio 2022 21:38

Rieccolo. Puntuale come la mosca estiva che riemerge dal materiale di cui si nutre, riappare il tentativo proditorio dell’Amministrazione Centrale di “rapinare” i fondi destinati alla ricerca, faticosamente raccolti dai ricercatori. La ghiotta polpetta di turno non poteva essere che il PNRR, evidentemente mal interpretato come Piano Nazionale Rapina Ricerca.

Le delibere 28, 41 e 124/2022 approfittano di un mero atto burocratico (l’approvazione della presentazione dei progetti) per intrufolare nero su bianco il piano delittuoso:

”...stabilire che gli overheads di progetto, dati dalla differenza tra il finanziamento ricevuto e le spese effettive sostenute dai soggetti esecutori dei progetti, saranno assegnati nella misura del 50% alla Sede Amministrativa Centrale”.

Francamente, non riusciamo neanche più a scagliarci contro la sede naturale di tali riemersioni: l’Amministrazione Centrale del CNR, di fatto un organismo a se stante, lontano anni luce dai ricercatori, che capisce di ricerca come capisce di amministrazione. Essa fa semplicemente, con schiettezza e coerenza, il suo gioco: fagocitare sempre più risorse per alimentare una macchina sempre più elefantiaca che giustifichi la richiesta di maggiori risorse, con un meccanismo che vede gonfiare come un pesce palla incarichi e retribuzioni ma che porta inevitabilmente alla morte della ricerca per asfissia.

Stupisce solo in parte che tale manovra sia portata avanti dalla Presidente Carrozza, che, come è apparso chiaro dal travaglio della nomina, ha il mandato esplicito di commissariare l’Ente.

Ci chiediamo: dov’era il rappresentante del personale eletto in CdA quando ha approvato le delibere (approvate all’unanimità, sigh)? La domanda è lecita: era consapevole? Non lo era? Dormiva? Faceva altro? Si è reso conto della portata devastante di quelle poche righe impropriamente nascoste in un atto dovuto? Probabilmente non lo sapremo, ma la sostanza non cambia. Per lui e la sua autostima, vorremmo tanto sperare che abbia avuto piena conoscenza di quanto approvato, che l’abbia condiviso provenendo egli stesso da quella Sede Centrale fagocitatrice di risorse, fregandosene della ricerca e del personale che – in qualche modo – lo ha eletto.

Possibile che non abbia sentito il dovere di informare la rete scientifica, se non prima per avvertirla del rischio incombente, quantomeno dopo la prima delibera che è di tre mesi fa (8 febbraio 2022) per informarla di questa novità sostanziale nel rapporto sede centrale – rete scientifica per la gestione dei progetti, che è certamente un primo passo verso un prelievo dai fondi di ricerca destinato a diventare stabile?

Crediamo che sia giunto il momento in cui il rappresentante eletto si interroghi se il suo contributo in CdA sia di supporto o di ostacolo per il personale che fa ricerca e, nel secondo caso, faccia l’unico gesto utile alla comunità scientifica: si levi da mezzo, magari chiedendo scusa.

Non abbiamo bisogno di un amico del giaguaro.

Cosa pensare della Presidente, che fra un video e l’altro dimentica di informarci su questo “insignificante” dettaglio per i ricercatori del CNR, figli di un dio minore rispetto ai colleghi universitari con i quali devono competere con una zavorra di un prelievo forzoso del 50%, su progetti che – in un modo o nell’altro – hanno scritto, ignorando l’esistenza del pizzo deciso alle proprie spalle?

Lo capiremo dalle azioni che intraprenderà adesso che è scoppiata la bomba.

A noi tocca la “solita” mobilitazione, con i “soliti” nuovi straordinari strumenti che siamo in grado di mettere in atto, con il “solito” effetto mediatico nazionale, che rischia di mettere in cattiva luce il CNR per cui diamo l’anima con tanta fatica e passione. Quanto tempo perso! Tempo da dedicare alla ricerca, ai pilastri del PNRR, alla scienza e alla nazione. A chi giova?

Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Maggio 2022 08:34
 
IGNITOR:Ombre russe sul CNR PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Lunedì 28 Febbraio 2022 13:18

Nei giorni in cui la Russia di Putin assurge agli onori della cronaca per motivi certamente più drammatici, è forse il caso di ricordare un’operazione dai contorni poco chiari che coinvolge CNR e Federazione Russa.

Il CIPE, con deliberazione del 7 agosto 2017 ha assegnato sette milioni di euro al C.N.R. per il progetto IGNITOR. Risulta che tale somma sia stata effettivamente versata al CNR, così come era avvenuto  per  l’analogo finanziamento CIPE, sempre presieduto da Lotti, sulla Tv scientifica, di cui si è a lungo parlato, finito poi nell’inchiesta OPEN con l’ipotesi che il CNR sia finito per diventare merce di scambio fra imprenditoria e politica.

Ma la TV scientifica è un’altra storia, tornando a IGNITOR, l’unica spesa imputabile al progetto  reperibile dal 2017 è una del dicembre 2019, in cui viene autorizzato il bando per una posizione da Ricercatore TD e viene complessivamente allocata la somma di 250k€ per  coprire le spese del gruppo che viene associato al progetto composto da un professore di Roma 3, uno dell’ Uninettuno, uno della Sapienza e uno dell’ENEA di Frascati. Poca roba rispetto ai 7 milioni stanziati.

Nel 2020 l’ideatore del progetto, Bruno Coppi, ne parla con il blogdellestelle fornendo alcuni aggiornamenti sullo stato di avanzamento del progetto ma senza menzionare un finanziamento già in atto già da tre anni con l’ingente somma di 7 milioni di euro.

Nell’autunno 2021, mentre Putin sta preparando l’attacco all’Ucraina, esce un articolo a firma Luigi Bisignani che parla del progetto IGNITOR come di un grosso problema nei rapporti Draghi-Putin

Ma davvero ? Addirittura il progetto assegnato al CNR rischia di mettere in pericolo le relazioni con la Russia ?

E se ne scrive Bisignani (tessera P2 203, poi coinvolto nell’inchiesta Mani pulite e successivamente arrestato anche nell’inchiesta P4 ) qualcosa sotto ci sarà…

Eppure, una persona solitamente bene informata come Bisignani,  dimentica di citare il fatto che il progetto IGNITOR è stato non solo finanziato ma la somma è stata anche già versata nelle casse del CNR.

Inoltre, quello che Bisignani certamente non ignora è che nelle more il coordinatore del progetto IGNITOR entra, seppur tangenzialmente, nell’inchiesta sui fondi alla Lega di provenienza russa

Insomma ci sono contorni sufficientemente opachi per chiedersi : che fine hanno fatto i 7 milioni stanziati dal CIPE ed erogati al CNR, al netto del 250k€ spesi per un TD e l’attività di un gruppo di ricerca, poiché non è stato possibile reperire nessuna informazione su come tale ingente somma è stata impiegata, né la si ritrova vincolata negli avanzi di bilancio degli anni successivi.

Mentre la presidente del CNR sospende il rinnovo degli accordi scientifici con la Russia, sarebbe forse il caso di chiarire anche se e come sono stati spesi 7 milioni di euro che, come dice lo stesso coordinatore del progetto, prevedono una forte sinergia con la Russia progetto che, come ci dice Bisignani è stato fonte di attrito con Putin, augurandoci che l'attrito non fosse legato all'inchiesta sui soldi alla Lega di provenienza russa....

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 28 Febbraio 2022 18:09
 
Tintinnar di sciabole al CNR PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Lunedì 01 Novembre 2021 21:55

Come altrimenti interpretare il tentativo del governo di calpestare quel poco di autonomia che il CNR e i suoi ricercatori erano riusciti a conquistare? Un Comitato di Saggi (Supervisory Board) di nomina governativa dovrebbe affiancare il presidente, esautorando CdA e Consiglio Scientifico, per quel che viene definito “piano di riorganizzazione e rilancio”.

Non è questo un vero e proprio tentativo di golpe ai danni dell’autonomia della ricerca e quindi della Costituzione repubblicana?

Partendo dal lato economico, un piano che si prefigura di rilanciare il CNR non può avere una dotazione di appena 50 milioni di euro in tre anni (poco più di 16 milioni l’anno) cui dal 2023 si aggiungerebbero ulteriori 20 milioni di euro l’anno.

Come ben noto, il contributo ordinario del CNR è largamente insufficiente anche solo a coprire completamente le spese correnti, cui la rete scientifica è costretta a sopperire con i propri fondi di ricerca.

Poco più di 30 milioni stanziati a partire dalla legge di bilancio 2019 non sono stati sufficienti a colmare il deficit e a riportare il bilancio dell’Ente ad una condizione di normalità, dopo che 10 anni fa sono stati sottratti al FOE del CNR circa 100 milioni di euro con Progetti Bandiera e Premiali che non sono mai stati reintegrati neanche al termine di queste sciagurate progettualità calate dall’alto.

Se, dunque, 30 milioni nel 2019 non sono bastati a coprire le spese correnti dell’Ente, ancor meno le esigue risorse previste dalla legge di bilancio giustificherebbero l’imposizione di un “Supervisory Board” che, sostituendosi a CdA e Consiglio Scientifico, dovrebbe scrivere il piano triennale di attività, lo statuto e i regolamenti in barba alla Carta Europea dei Ricercatori e all’autonomia degli Enti, che discende direttamente dalla Costituzione. Una tale norma, per altro, avendo la pretesa di sospendere la validità dello Statuto del CNR, sarebbe di dubbia legittimità e inevitabilmente porterebbe ad un conflitto fra legge e Statuto che paralizzerebbe l’Ente.

La presidente del CNR, per non apparire complice di un tale tentativo di golpe, deve immediatamente e pubblicamente dichiarare la sua netta contrarietà.

Un tentativo così arrogante da parte del potere governativo di controllare il maggior Ente di Ricerca è paragonabile in termini simbolici solo alla nomina nel 1937, da parte del regime fascista, del maresciallo Badoglio alla presidenza del CNR per succedere a personalità come Vito Volterra e Guglielmo Marconi.

Cosa si cela dietro quest’arroganza del Governo?

Si inserisce nella volontà di controllare i fondi per la ricerca contenuti nel PNRR attraverso suoi emissari diretti?

Visti i vari tentativi del passato e i segnali presenti nelle linee guida del PNRR, con la costituzione di 5 centri nazionali e del fondo per le Infrastrutture di Ricerca e le Infrastrutture tecnologiche di Innovazione, è legittimo ritenere che sia in atto un progetto di spacchettamento per creare un Ente strumentale assoggettato alle esigenze dell’Industria, che abbandonerebbe del tutto la ricerca di base.

A questo punto occorre un’iniziativa forte della comunità scientifica, interna al CNR innanzitutto, ma anche esterna, perché l’autonomia della ricerca è un patrimonio di tutta la comunità che non può esser svenduto, per altro in cambio di risorse del tutto insufficienti.

Il Parlamento non può restare indifferente di fronte all’arroganza del tentativo di golpe, eliminando dalla legge di bilancio ogni traccia del “supervisory board” e lasciando agli organi statutari – già peraltro largamente controllati dall’esterno del CNR - il compito di rilanciare l’Ente e riformarlo, eventualmente anche sulla base degli indirizzi che il Parlamento vorrà dare.

Ma senza ledere l’autonomia della ricerca, ovvero la Costituzione

Ultimo aggiornamento Martedì 02 Novembre 2021 00:16
 

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