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L’abiura e il giuramento di fedeltà PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Giovedì 25 Giugno 2020 08:20

Un’amministrazione a cavallo fra Santa Inquisizione e fascismo

E’ dramma totale presso l’Amministrazione Centrale del CNR, dove malgrado il ricatto Flussi contro buoni pasto, malgrado le minacce veicolate e reiterate al personale mai direttamente ma sempre tramite intermediari senza dignità, il personale giunto ormai al colmo continua a rifiutare la compilazione dei flussi senza cedere al ricatto e alle simboliche forche caudine cui l’Amministrazione Centrale vorrebbe sottometterci.

Esemplare la vicenda occorsa ad un nutrito gruppo di colleghi di un Istituto che, nell’aderire in pieno allo sciopero, ha inteso darne ragione al Direttore Generale con una lettera gentile ma ferma in cui spiegava le motivazioni. Si è trattata di un’iniziativa cortese, forse nell'illusione che esista una controparte nell’Ente disposta ad ascoltare le ragioni dei ricercatori. L’Ente, come tutta risposta, ha segnalato i colleghi all’Ufficio Procedimenti Disciplinari, il quale a sua volta, ha pretestuosamente richiesto conferma dell’attribuzione di paternità del messaggio da loro stessi inviato, lasciando intendere che avrebbe chiuso un occhio se si fossero “ravveduti” adempiendo agli obblighi della Nota sui flussi. Ovviamente il tutto mai direttamente, ma sempre attraverso l’intermediario, caporale di turno di cui sopra.

Al netto degli aspetti comici della richiesta e dei tempi che non sono certo gli stessi, nella mentalità di chi formula certe richieste sussiste una profonda somiglianza con l’offerta di abiura a Galileo fatta dalla Santa Inquisizione.

Veniamo ai fatti: perché fra le svariate centinaia che non hanno completato il monitoraggio un’attenzione particolare a questi colleghi? Nella loro missiva i colleghi non hanno menzionato esplicitamente quello che è ovvio a tutti: il rifiuto di compilare i flussi avveniva nell’ambito dello sciopero proclamato da 2, affollatissime, Assemblee del personale.

Cosa ci insegna la vicenda?

1) L’Amministrazione Centrale non è così stupida da minacciare il personale che sciopera, conoscendo bene i gravi rischi che correrebbe immediatamente di denuncia per condotta antisindacale aggravata dall’inosservanza costituzionale della libertà di sciopero. Quanto meno non esiste un atto chiaro in cui lo fa direttamente, ma di fatto demanda l’operazione agli intermediari che, forse anche volentieri, si prestano all’operazione di persuasione.

2) L’accusa che di fatto è contenuta nel messaggio (indirettamente) indirizzato al personale è di lesa maestà: aver osato trasgredire le indicazioni del DG. Le motivazioni non contano nulla ed infatti nessuna risposta è pervenuta alla loro missiva, né era pensabile aprire con loro un dialogo. L’ispirazione ideologica è analoga al giuramento di fedeltà al partito fascista introdotto nella seconda metà del ventennio. L’adesione al monitoraggio è, con tutte le differenze anche comiche del caso, una forma di sottomissione e fedeltà all’Amministrazione centrale indipendentemente dal contenuto e dalla violazione sistematica di norme contrattuali che, in un’ottica di fedeltà e sottomissione, contano meno della fedeltà. Il problema non sono i buoni pasto, né il monitoraggio in sé: è la verifica periodica di una forma di sottomissione e obbedienza per vedere fino a che punto è assoggettata la rete scientifica così da distribuire fondi solo in modalità top-down, avere delle commissioni dei concorsi nominate da un solo uomo al comando come non avveniva neanche nella Romania di Ceausescu, ecc..

3) Paradossalmente il pretesto per la risposta dell’Amministrazione Centrale ai colleghi sta proprio nell’omessa indicazione dell’ombrello dello sciopero come tutela della loro inadempienza. Nessun altro Istituto, nonostante la protesta dilagante, ha ricevuto comunicazione analoga da parte dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari. Si tratta di un’ulteriore conferma che chi sciopera non corre rischi, come ovvio.

4) Per ultimo è interessante l’assenza di reazione sindacale davanti ad un comportamento palesemente… antisindacale, anche da parte di chi meritoriamente non ha sottoscritto l’accordo capestro. A parte la lodevole eccezione di USB, l’unico sussulto (?) al momento è l’ennesima freccetta di ANPRI sferrata contro i panzer dell’Amministrazione Centrale con la quale praticamente si implora la benevolenza dell’Ufficio per non procedere. Articolo33 ha già risposto ufficialmente tramite il suo Ufficio Legale, mettendo sotto tutela tutto il personale coinvolto e diffidando formalmente l’Ente dal compiere ulteriori passi.

Siamo certi che la vicenda sarà chiusa qui e non vediamo soluzioni alternative al fatto che il CNR si rassegni all’idea che l’Ente è dei lavoratori che lo portano avanti con lustro. Non vorremmo essere costretti a sfoderare l’arma letale

 
Avvio dell'azione legale PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Martedì 16 Giugno 2020 09:12

E' passato il 15 giugno, ultima data prevista – non senza un paio di proroghe-  per il monitoraggio previsto dalla nota del DG dello scorso 8 maggio, è possibile avviare la causa nei confronti dell’Ente per rispondere al ricatto monitoraggio/buoni pasto, di cui abbiamo ampiamente parlato.

La documentazione necessaria per l’avvio della causa è la seguente

  • Breve scheda con i dati personali e la sede id lavoro, specificando se nel periodo di interesse ci si è avvalsi dell’autocertificazione del lavoro fuori sede, del lavoro agile o di entrambi.
  • Codice fiscale e copia del documento di identità
  • Buste paga gennaio – giugno 2020
  • Copia della dichiarazione per la richiesta dei buoni pasto effettuata ai sensi dell’art 5 comma 6 del CCNL 1998-2001

 

Vi invitiamo ad inviare la documentazione all’indirizzo Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. preferibilmente mediante un unico file compresso recante il cognome del dipendente.

Per la firma in originale del mandato per l'azione legale (ricordiamo che Articolo 33 garantisce la totale gratuità dell’azione legale) sarete successivamente contattati da un referente locale, a seconda della zona di residenza/lavoro.

 

 


Ultimo aggiornamento Martedì 16 Giugno 2020 10:16
 
Un vero ricatto: diritti contro soldi PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Domenica 07 Giugno 2020 22:43

Come qualificare diversamente l’incredibile giravolta dell’Amministrazione Centrale che, dopo aver giurato e spergiurato che il buono pasto non poteva essere erogato in modalità di lavoro agile, mal interpretando per dolo o incompetenza inesistenti direttive del Governo, ha riconosciuto il buono pasto retroattivamente dal 1 aprile ?

 

Misteriosa poi la scelta della data, forse per dare il senso di un pesce d’aprile per il personale?

Non si tratta infatti di un tardivo quanto opportuno ripensamento ma di un inqualificabile baratto.


L’Amministrazione intende concedere quello che è un diritto contrattuale solo a coloro che sottostaranno alla forca caudina della compilazione dei flussi di monitoraggio sulla famigerata scrivania digitale.


Si era capito che lo sciopero proclamato dall'Assemblea dell’11 maggio, appoggiato da Articolo 33 e USB, ha messo in profonda crisi l'Amministrazione Centrale sul terreno a lei più congeniale: la burocrazia. Tuttavia, mai avremmo immaginato che per sabotare uno sciopero sarebbe arrivata al punto di mostrare apertamente la sua vera faccia, di cui certo non ci stupiamo.


Sorprende in termini positivi il sussulto di orgoglio della GGIL che ha rifiutato la sigla dell'accordo evidenziando il ricatto perpetrato dall'Amminisatrazione Centrale, e stupisce la sigla da parte di ANPRI, che in modo contraddittorio dopo una lucida analisi che coincide con quella qui riportata si accontenta di una pseudo-vittoria di Pirro a discapito della dignità di Ricercartori/Tecnologi. Constatiamo purtroppo che il parco munizioni di freccette in dotazione ad ANPRI contro i panzer dell'Amministrazione Centrale non si è esaurito.


Sia pur con l’ambiguità che appartiene all’amministrazione CNR, le indicazioni sul “ritorno” all’autocertificazione dell’attività fuori sede (diritto mai negato se non dalla fantasia pandemica del DG) confermano infatti l’assunto alla base dello sciopero: il contratto già garantisce ai R/T la flessibilità necessaria a lavorare presso il proprio domicilio, in virtù dell’autonomia sancita dalla costituzione, cosa ben diversa da lavoro agile da impiegati di concetto partorito dal CNR senza distinzioni di ruolo.


Davanti a questo ricatto, la risposta dell’assemblea dello scorso 4 giugno è stata esemplare: proseguire lo sciopero della mancata compilazione dei flussi perché le ragioni alla base si sono rafforzate dopo l’accordo.


Ma oltre a invitare alla prosecuzione della protesta, va esercitata la tutela dei propri diritti.

Lo ribadiamo ancora una volta : il buono pasto é un diritto dei lavoratori, senza distinzione di livello e mansioni, espressamente previsto dalla legge per chi è in smart working e nessun accordo può escluderne o limitarne la fruizione (art.20 d. Lgs.81/17).


A tal fine, Articolo 33 offre completa e gratuita copertura legale (sarebbe gradita in cambio un’iscrizione che, ricordiamo, costa la folle somma di 0,05€ al mese) per coloro i quali intendono avviare un’azione legale, ottenendo così anche i buoni pasto del mese di marzo.


 

  • Invitiamo tutti i Ricercatori e Tecnologi indipendentemente dal fatto che abbiano o meno autocertificato la propria attività fuori sede e in vista dell’azione legale, ad inviare alla propria amministrazione una dichiarazione ai sensi dell’ art. 5 comma 6 del CCNL 1998-2001 di aver svolto attività lavorativa superiore alle 6 ore per i giorni per cui si richiede l’attribuzione del buono pasto (cf. modello allegato).

  • Invitiamo poi tutto il personale che intende avviare l’azione legale ad inviare un email a : Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

  • Consigliamo inoltre a tutti i Direttori e Responsabili di struttura di trasmettere all’amministrazione centrale la richiesta dei dipendenti afferenti a tali strutture, per evitare una pesante condanna alle spese come avvenuto nel caso del collega di Bologna illegittimamente sanzionato, il cui direttore è stato condannato al pagamento di 25.000€ di spese legali.

 


Infine, un accordo come quello siglato lo scorso 29 maggio è certamente antisindacale e ci aspettiamo che le sigle legittimate a farlo lo impugnino ex. art.28 dello Statuto dei Lavoratori, essendo teso a limitare uno sciopero indetto.


Articolo 33 lo farà, con i mezzi che la legge concede. Così come segnaleremo alla Corte dei Conti il contenzioso inutile che l’amministrazione del CNR ingenera, con un danno economico oltre che all’immagine dell’Ente.

Ultimo aggiornamento Lunedì 08 Giugno 2020 08:34
 
Buoni pasto e smart working: incompetenza o malafede? PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Venerdì 17 Aprile 2020 11:34

La nota del giorno 8 aprile 2020 (indicazioni operative in materia di personale durante il periodo emergenziale – covid.19) rappresenta un insieme confuso di interpretazioni unilaterali e fantasiose dell’Amministrazione che unisce banali ovvietà con improbabili salti pindarici sugli aspetti di maggior rilievo quali l’orario di lavoro e i buoni pasto, sottratti al personale senza alcuna motivazione plausibile.

Cominciamo dal finale “i datori di lavoro, anche per il mese di marzo possono, se necessario, provvedere alla modifica degli attestati di presenza in ragione della presente comunicazione entro e non oltre il 30 aprile c.a.

L’amministrazione del CNR, in sostanza, istiga a compiere il reato di falso ideologico nel modificare degli atti pubblici per inserire al loro interno un dato non veritiero.

Con la consueta attitudine pilatesca il compito di modificare gli attestati di presenza è demandato ai “datori di lavoro”, in questo evidenziando ancora una volta la scarsa padronanza della materia visto che all’interno dell’Ente il datore di lavoro è necessariamente unico e i direttori delle strutture che ricevono talune deleghe, di certo, non possono essere definiti “datori di lavoro” .

Veniamo alla circolare, da dove l’amministrazione ritiene di trarre le sue argomentazioni?

Si inizia con la saga dell’ovvio, “Nella circolare n. 2/2020 del Ministero della Funzione Pubblica, avente il seguente oggetto: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19”, si evidenzia che le disposizioni riportate nell’art. 87 del decreto “Cura Italia” rappresentano disposizioni cardine dell’attuale regime di lavoro nel pubblico impiego.” Dunque, la circolare ci dice quale rilievo ha una legge dello Stato rispetto ad un’altra legge dello Stato. Naturalmente, trattandosi di norma primaria, essa potrebbe prevalere su altre contrattuali e regolamentari, se non fosse che è l’art. 2 del d.lgs 165/01 a dettare le regole in questione. Naturalmente, l’art. 87 del dl 18/2020 non disciplina i rapporti tra le norme e certo la circolare non ha tale potere… ma invero non lo esercita in quanto, lungi dall’affermare quanto detto dai dirigenti del CNR, si limita ad affermare che l’art. 87 costituisce “- norma cardine e di portata generale in materia di pubblico impiego, nei termini che verranno in seguito evidenziati –“ e più esattamente costituisce la cornice nella quale devono essere iscritte le ulteriori disposizioni che - all’interno del citato decreto - affrontano istituti applicabili al personale pubblico “sviluppando e riconducendo ad una cornice regolativa di rango primario l’indicazione già presente nella direttiva n. 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione (d’ora in poi “direttiva n. 2/2020”).”

Dunque, dopo la corretta premessa che allo stato attuale il lavoro agile costituisce “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”, si osserva apoditticamente che “dipendenti dell’Ente “non sono più chiamati ad aderire al lavoro agile”, in quanto, tutti i dipendenti del pubblico impiego sono collocati in lavoro agile per l’intera durata dell’emergenza, fatti salvi i casi in cui gli stessi dipendenti non possono svolgere le loro mansioni in modalità agile a cui si applicano gli altri istituti contrattuali previsti nell’art. 87, comma 3”. Si tratta di un’affermazione errata in quanto il decreto 18 citato non pone in lavoro agile i dipendenti ma si limita a affermare che si tratta della forma di lavoro tipica e che quindi la PA deve individuare il personale per il quale sia indispensabile la presenza in sede per gli adempimenti indispensabili interni ed esterni e può chiedere, indipendentemente dall’eventuale adesione del dipendente all’accordo normalmente necessario, di lavorare in lavoro agile anche avvalendosi di propri mezzi informatici.

D’altronde, il CNR, nella persona del suo direttore generale, è stato assolutamente incapace di organizzare il lavoro negli Istituti, mantenendo il necessario livello di sicurezza, e pertanto ha mascherato tale incapacità con norme inutili e lesive della dignità del personale, sminuendo la sua capacità di contribuire in un momento così delicato per il Paese.

Occorre che l’Amministrazione individui il personale e non, al contrario, che questo sia in lavoro agile di ufficio…

Poi la minaccia.

“Qualora i dipendenti dovessero reiterare la loro posizione, il Legislatore evidenzia che gli istituti da applicare sono quelli previsti - in via residuale al lavoro agile - dell'art. 87, comma 3 del DL 17 marzo 2020 n. 18, ossia: "le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva”

Naturalmente ben altro dice la legge e la circolare!

Si dice infatti che “Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva.”.

Dunque non è la volontà del dipendente ma l’impossibilità oggettiva del ricorso al lavoro agile (per mancanza degli strumenti, per oggettiva impossibilità di rendere in tale forma la prestazione etc.).

Quindi l’assurdo sillogismo.

“In merito alla gestione dei buoni pasto, si segnala che l'iniziale orientamento dell'amministrazione di non concedere i buoni pasto in regime di lavoro agile è stato poi confermato e sancito nei diversi interventi governativi e, nello specifico, dall’art. 19, comma 3 - Decreto Legge n. 09 del 02 marzo 2020 – e dall’art. 87, comma 3 - DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18”.

Cosa dicono le due chiamate disposizioni e la non richiamata (stranamente) circolare?

Il terzo comma dell’art. 87 nulla, limitandosi la norma a chiarire che “Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l'amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.

E il terzo comma dell’art. 19 dl9/20?“Fuori dei casi previsti dal comma 1, i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, imposti dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19, adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, costituiscono servizio prestato a tutti gli effetti di legge. L'Amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.”

Per essere chiari:

1. l'indennità sostitutiva di mensa NON è il buono pasto, è di importo risibile rispetto ad esso e viene erogato nella amministrazioni non fornite di mensa indipendentemente dai buoni pasto.

2. Tale esclusione è prevista in caso in cui il dipendente viene esentato dal servizio, per non avere la PA possibilità di impiegarlo in tale modalità, non quanto lavora in lavoro agile!

Infatti, neppure la circolare, che comunque non ha certo valore normativo, dispone una simile esclusione limitandosi ad affermare (propriu motu, cioè senza supportarlo con nessuna norma) che “Con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto, si puntualizza, quindi, che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali.”

Quindi:

1. Il buono pasto non è escluso per il personale in smart working, anzi come regola è previsto dall’art. 20 comma primo che dispone “1. Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda.”; Tutt'altro!

2. È possibile che con accordo sindacale sia escluso, ma non risultano accordi in tal senso.

Infine, i R&T fanno già lavoro agile che è una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”

Pertanto per tutti i dipendenti, utilizzino essi il lavoro agile o il lavoro fuori sede autocertificandolo, è illegittima la mancata erogazione del buono pasto.

Del tutto immorale poi che tale violazione del contratto sia fatta per produrre un avanzo di bilancio nelle casse del CNR.

Come mai i sindacati confederali sono stranamente silenti sul punto? Non sarà forse per i vari accordi locali – illegittimi – che loro hanno concordato con l’Ente e che consentono a chi in sede centrale opera su turni di percepire il buono pasto dopo sole 4 ore?

Infine, gli arcaici buoni pasto cartacei dimostrano ancora una volta l’incapacità dell’Amministrazione Centrale non solo di farsi promotrice dell’innovazione ma anche semplicemente di seguirla. Eppure le recenti modifiche al regime di tassazione dei buoni pasto, tese ad incentivarne la modalità elettronica, comportano una perdita secca per il dipendente costretto a ricevere i buoni cartacei fino a 250€ annui a seconda dell’aliquota di tassazione.

Articolo 33 si impegna a promuovere – gratuitamente - un’azione collettiva in tal senso per le lavoratrici e i lavoratori che s’impegnino a versare i buoni pasto illegittimamente sottratti ad Emergency e Medici Senza Frontiere (MSF) che stanno, in questo momento, attivamente collaborando, portando la loro esperienza internazionale nelle zone calde colpite da emergenze epidemiche.

Ultimo aggiornamento Venerdì 17 Aprile 2020 14:58
 
Il colore della mani di Pilato: Analisi della gestione CNR dell'emergenza COVID-19 PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Mercoledì 08 Aprile 2020 13:45

Analizzando retrospettivamente, il comportamento del vertice del CNR  in questa vicenda, osserviamo che si è limitato ad emettere note e circolari di pura e semplice applicazione dei decreti governativi.

La Ricerca in momenti come questi non deve essere al traino della politica ma, al contrario, deve fornire gli strumenti per assumere  decisioni, effettuare analisi e offrire scenari.

 

Eppure in data 23 febbraio 2020 (ebbene sì, sembra una data ormai remota) al primo manifestarsi dei focolai in Lombardia, Articolo33 ha chiesto di estendere a tutto il personale lo strumento di lavoro agile, già di fatto presente nel contratto per Ricercatori e Tecnologi  - l’autocertificazione del lavoro fuori sede.

Si sarebbe in tal modo incentivato il personale ad evitare di recarsi presso la sede di lavoro, affollando mezzi pubblici e frequentando luoghi affollati, ovvero quello che la ricerca conosce come principale strumento per arginare la diffusione dei focolai presenti.

 

Abbiamo insomma chiesto al vertice del CNR di fare quello che la Ricerca è abituata a fare.

 

E invece la risposta dell’Amministrazione, ostaggio delle paranoie dei sindacati confederali, è stata del tutto assente, limitandosi a recepire i decreti governativi e le ordinanze locali (e ci sarebbe mancato altro).

 

Solo a distanza di varie settimane da quel 23 febbraio 2020 l’Amministrazione ha cominciato a parlare di smart working – di cui ignorava l’esistenza – e solo dopo che il Governo ha di fatto obbligato le amministrazioni ad adottarlo.

Il vertice si è comportato esattamente come se il CNR fosse un qualsiasi ufficio pubblico con un’incapacità dunque assoluta di mostrarsi invece un’avanguardia all’interno della Pubblica Amministrazione.

D’altra parte questo è perfettamente in linea è la visione impiegatizia della ricerca che è propria della triplice.

 

Un interrogativo atroce che, retrospettivamente, non possiamo non porci: quanti contagiati e quanti morti sono la conseguenza di questa miopia ?

 

A questo punto non possiamo che sperare in un sussulto di orgoglio del presidente prorogato che si dimetta, altrimenti non si potrà che chiedere il commissariamento dell’Ente,  cosa che ormai appare  quasi scontata, per rifondarlo dalle basi con un autogoverno pieno e partecipato.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 08 Aprile 2020 15:46
 

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