Il cartellino per i ricercatori e tecnologi è illegittimo! Stampa
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Lunedì 25 Giugno 2018 15:21

Al Presidente del CNR
Prof. Massimo Inguscio
al Direttore Generale
Dott. Gianbattista Brignone
Piazzale Aldo Moro, 7
00185 - Roma
E p.c. Ai Direttori di Dipartimento e di Istituto
ai Ricercatori e Tecnologi del CNR



Napoli, 25 giugno 2018
Oggetto: diffida utilizzo sistema ePAS.


Spett.le Presidente, Direttore Generale e Direttori di Dipartimento e di Istituto,
riceviamo ormai quotidianamente segnalazioni dai nostri iscritti di malfunzionamenti, problemi, disfunzioni varie tutte legate al meccanismo di rilevazione orario del nuovo sistema Epas; alcune di queste potete trovarle nell’articolo “L’unità di misura del lavoro del ricercatore/tecnologo” sul nostro sito (per comodità: http://www.articolo33.it/index.php/campagne/44-articolo15/239-2018-05-31-12-27-21).
Occorre evidenziare che, al di là dei problemi di funzionamento del sistema introdotto dall’amministrazione centrale, il meccanismo è assolutamente illegittimo.
Giova ricordare che la normativa contrattuale prevede, anche nel nuovo contratto che lascia sostanzialmente inalterata la parte relativa al tempo di lavoro del personale inquadrato come ricercatore e tecnologo, che il lavoro del ricercatore non sia misurato in giornate lavorative (come per altri livelli), bensì in ore lavorative. L’unica differenza, rispetto al precedente, del nuovo contratto è che questo sancisce che ciascun ricercatore o tecnologo debba svolgere le proprie 36 ore medie settimanali su base quadrimestrale e non più trimestrale, adeguando così la normativa contrattuale a quella degli altri lavoratori per la cui generalità il cui monte orario medio è calcolato su base quadrimestrale (art. 4 l.8/4/03 n. 66).
Ora, il combinato disposto delle nuove norme contrattuali (che, nel non modificare se non per il profilo visto il precedente art. 58, ne confermano esplicitamente la valenza) e di quelle legali richiamate, evidenziano una macroscopica e gravissima ingerenza ad opera nella Amministrazione che, incredibilmente, introduce senza mai chiamarlo con il suo vero nome il CARTELLINO ORARIO PER I RICERCATORI E TECNOLOGI!
Infatti, il sistema impone al dipendente di certificare la propria presenza in servizio giornalmente, cosa assolutamente non prevista dal sistema legale e contrattuale, per le ragioni più volte evidenziate da quest’associazione. Vengono così meno la possibilità del ricercatore e tecnologo di determinare autonomamente il proprio tempo di lavoro (art. 58 comma secondo), oltre alla possibilità di autocertificare mensilmente l’attività fuori sede (art. 58 terzo comma). E viene meno, ancora una volta, quanto previsto dal settimo comma del medesimo articolo che prevede la possibilità di introdurre in via sperimentale ulteriori modalità di gestione dell’orario di lavoro solo concordandolo con la controparte sindacale: cosa che assolutamente non è avvenuta!
Si tratta di un tentativo surrettizio di aggirare norme legali e contrattuali chiarissime che impongono all’Ente di lasciare al ricercatore e tecnologo la libertà del proprio tempo di ricerca, già esplicitamente dichiarato illegittimo dalla Magistratura in diverse occasioni, proprio con riferimento all’introduzione obbligatoria del cartellino orario in luogo della autocertificazione!
Su tale profilo la nostra associazione non intende restare inerte e pertanto invitiamo e diffidiamo l’Amministrazione a modificare l’impostazione del sistema rendendolo conforme a norme di legge e di contratto.
La soluzione, peraltro, è assai semplice in quanto basterebbe che il sistema fosse settato per consentire al dipendente di introdurre entro la fine del mese (come previsto dal terzo comma dell’art. 58) gli orari di presenza o, in mancanza, consentire ai dipendenti di utilizzare il meccanismo dell’autocertificazione alternativamente al sistema telematico.
Va ancora segnalato che, accanto a questa macroscopica violazione delle regole, il sistema mostra una serie di errori e disfunzioni evidentissime, segnalateci dai nostri iscritti e in genere dai ricercatori.
A titolo di esempio, ci viene segnalato che in talune sedi l’attività lavorativa viene imposta in determinati giorni e orari senza una specifica necessità della struttura. Ora, sebbene il secondo comma dell’art. 58 chiarisca come l’attività del ricercatore debba armonizzarsi con l’orario della struttura in cui si opera, per cui se questa chiude in determinati giorni e orari per ragioni di sicurezza l’attività non può (salvo autorizzazioni) continuare in sede, questa non può invece essere imposta laddove non vi sia tale necessità, ovvero imponendo una preventiva autorizzazione! Come si può prevedere, chiedendo l’autorizzazione preventiva, la durata esatta di un esperimento, solo per fare un esempio?
Maggiori problematiche sorgono poi circa le modalità di autocertificazione del lavoro svolto fuori sede. Infatti, il software richiede di descrivere il luogo e la motivazione del lavoro fuori sede, in contrasto con quanto descritto nel contratto, secondo cui il lavoro fuori sede non è soggetto ad alcuna forma di autorizzazione e controllo, se non quelli tipici dell’autocertificazione ovvero sulla veridicità di quanto dichiarato. Inoltre, il meccanismo impedisce di indicare giorni e orario diversi (sabato, domenica, orario dalle 20,00 alle 8,00) che, in caso di lavoro svolto fuori sede, non possono certamente essere limitate dall’esigenza della struttura, particolarmente in caso di missioni svolte anche in giornate festive.
Ora, in primo luogo appare chiaro che l’autocertificazione potrebbe essere fatta con il sistema introdotto solo e in quanto questo sia coerente con il disposto del contratto. In mancanza, il ricercatore tecnologo è certamente libero di certificare con qualunque modello conforme al contratto tali prestazioni, in contrasto con espresse indicazioni di alcuni Direttori di strutture.
Ancora, ePAS identifica erroneamente la giornata come unità di misura, laddove legge e contratto prevedono un monte ore settimanale mediato oggi sul quadrimestre, senza alcun obbligo di presenza giornaliera. Ma cosa accade se il ricercatore tecnologo raggiunge le 36 ore medie settimanali in meno dei 5 giorni “canonici”? Ebbene ePAS non ammette che un ricercatore possa svolgere un giorno “zero ore”, senza la necessità di indicare un codice di assenza! Al di là dei recuperi, pure possibili, cosa accade se il ricercatore, raggiunte le 36 ore, non vuole lavorare?
Numerosi ricercatori e tecnologi iscritti e non ci segnalano l’imposizione, da parte di singole strutture, di porre le giornate prive di prestazione come “ferie”, o altri permessi, cosa che non appare evidentemente legittime ma che, pur non dovute ad imposizione diretta dell’amministrazione centrale del CNR, appaiono generate da un sistema di rilevazione delle presenze errato.
Questi segnalati sono solo alcune delle ipotesi più frequenti, altre singole ipotesi sono legate a casistiche più specifiche.
Per tali ragioni, la nostra Associazione


INVITA E DIFFIDA


L’amministrazione del CNR a rendere conforme il sistema di rilevazione delle presenze ePAS alle norme di legge e di contratto richiamate, ovvero a non utilizzarlo nelle more di tale adeguamento, avvertendo che, in mancanza, tuteleremo nelle opportune sedi i diritti dei ricercatori e tecnologi dell’Ente.


Distinti saluti,


Articolo 33
Il Presidente

Ultimo aggiornamento Martedì 26 Giugno 2018 10:51