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Uno nessuno centomila: la lotta alla mafia del CNR PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Lunedì 30 Gennaio 2023 11:40

La cattura del mafioso Matteo Messina Denaro è uno spartiacque nella recente cronaca italiana. Al di là dei dubbi legittimi sulla sua cattura/consegna, sulle coperture istituzionali di cui non può non aver goduto, delle incognite sul futuro della mafia e sulla lotta delle istituzioni, è comunque un momento in cui ci si schiera, tutti, in modo silente o esplicito. E lo si fa tra solo due possibilità: contro la mafia o per la mafia, senza se e senza ma. Punto.

CUG/CNR, CGIL, CISL, UIL e ANIEF l’hanno fatto. Peccato che il messaggio di condanna alla mafia, quando presente, sia proseguito dopo il Punto. Linguisticamente diventa solo il preambolo del vero scopo dei comunicati, il distinguo, giustificato dalla difesa di un presunto attacco mediatico rivolto al personale e all'Ente ("macchina del fango ... gogna mediatica ... colpire l’Ente e ... quanti operano nei laboratori”, "strumentalizzazione che inficia la serenità e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici"). Peraltro mai corredato neanche dal rituale auspicio che l’Ente al suo interno e gli organi inquirenti facciano piena luce sui fatti riferiti.

L’avversario è subdolamente spostato da chi infanga Ente e lavoratori con i suoi comportamenti criminali ai media che cercano di raccontare i fatti e stabilire la verità.

Antefatto è ovviamente il servizio di Report (dal minuto 31) che a distanza di 6 anni ripropone l’ipotesi, suffragata da testimonianze e rafforzata dagli elementi raccolti nel frattempo dagli inquirenti, che la Sede di Torre Granitola del CNR abbia ospitato, o comunque sia stata a disposizione, del succitato mafioso. Qualcuno dei vari sindacati o del CUG può spiegare esattamente in quali passaggi il personale del CNR sarebbe stato attaccato? Vengono menzionati specificamente dei dipendenti del CNR, si sente la loro viva voce riferire fatti gravissimi. E questo sarebbe l’attacco al personale e all’Ente? Sarebbe come affermare che l’intera Sanità italiana è mafiosa poiché alcuni suoi lavoratori hanno forse scientemente coperto l’identità del mafioso che curavano, oppure che l’intera categoria degli organi inquirenti è mafiosa perché alcuni suoi esponenti sono stati collusi con la mafia. Stesso dicasi per la magistratura. Bestialità.

Sono i distinguo che fanno la differenza tra la lotta alla mafia vera e quella finta fatta di sole parole, gli alibi dietro i quali la mafia si nasconde e prolifera, come l’omertà, la paura, la collusione, il garantismo, ad ogni livello, a partire dal cittadino comune fino ai vertici delle istituzioni. In una parola il sottobosco del negazionismo.

La lotta alla mafia si fa e non è difficile riconoscerla. Un esempio al nostro interno? La registrazione del colloquio tra Laura Giuliano e Mario Sprovieri riproposta da Report nella scorsa puntata, in cui Sprovieri affermava letteralmente che “il boss ricercato al mondo numero uno, è là.” Per i più giovani o distratti, Laura Giuliano, all’epoca Direttrice dell’Istituto IAMC da cui la sede di Torre Granitola dipendeva e di cui Sprovieri era il responsabile, si rivolse alla magistratura nel quadro di quello che poi è diventato lo scandalo più grave che abbia mai colpito l’Ente, di cui la vicenda del mafioso è solo una costola. Ebbene, Laura Giuliano ha riferito di sua iniziativa alla magistratura le informazioni sulla mafia di cui era venuta a conoscenza.

Evidentemente qualcuno (molti) hanno la memoria un po’ corta e forse c’è bisogno di ricordare i vari elementi di questa vicenda, inquietante per l’Ente.

C’era una volta l’IAMC, un Istituto sulla cui gestione si erano accesi i riflettori e su cui la magistratura stava indagando. Una delle sedi di quest’Istituto era quella di Capo Granitola, sulla cui origine torneremo nelle prossime puntate. L’amministrazione del CNR aveva attivato un audit interno sulla gestione dell’IAMC e una parte significativa della documentazione richiesta dalla Commissione di indagine, relativa alla sede di Capo Granitola, non era stata esibita.

Nonostante l’ingiustificata mancanza di buona parte della documentazione, venivano comunque evidenziate anomalie, alcune delle quali direttamente riferibili alla presenza – ormai accertata – di Matteo Messina Denaro nella zona, quale la locazione non registrata, da parte della sede secondaria, di una casa sita a Torretta Granitola ad un soggetto con soci ingombranti, in particolare uno condannato come fiancheggiatore e il cui fratello si scopre oggi essere l’inquilino del secondo covo di Matteo Messina Denaro. Cosa dire della guardiania notturna affidata non ad un soggetto assunto da una ditta di security ma assunto da una ditta di pulizie, e che da quanto riferito dalla trasmissione Report, risulta essere armato? Cosa dire del fatto che, senza alcun titolo, venisse pagata la locazione di locali del residence Marbella in Palermo, dove l’istituto non aveva sedi, per ospitare del personale ‭che evidentemente non frequentava con assiduità la sede di Capo Granitola?‬

Va notato che - nonostante le ripetute richieste - l’audit in questione non fu mai reso noto al CdA e, solo a seguito della trasmissione di Report, ne fu consegnata una versione edulcorata, priva di riferimenti specifici.

Eppure il vertice del CNR, a seguito dell’audit e poi delle rivelazioni di Report, non aveva sentito la necessità di prendere alcun provvedimento, se non nei confronti del segretario amministrativo dell’Istituto. Neanche a seguito della perquisizione a carico del DG in carica, avvenuta presso la sede centrale dell'Ente. Di contro, il presidente Inguscio aveva nominato una commissione esterna, che di fatto ha ottenuto come unico risultato quello di non andare a fondo sulla vicenda. Anzi, nell’ottobre del 2019 decide di intitolare una sala della sede di Torre Granitola ad una vittima della mafia.

Riassumendo: il responsabile della sede di Torre Granitola dice alla propria direttrice che Matteo Messina Denaro è lì, a Capo Granitola. Un altro dipendente afferma, nell’anonimato, di averlo riconosciuto nella sede del CNR. Alla luce dei fatti emersi a seguito dell’arresto del capo della mafia, che non ha mai modificato il suo volto e che, in effetti, viveva in quei luoghi, questi fatti assumono ben altro rilievo. A questo si aggiungono una serie di informative degli organi di polizia che riferiscono della presenza di Matteo Messina Denaro nella zona, fra cui una del 19/11/2021 dei Carabinieri che riferisce di persone che farebbero la spola con Torretta Granitola e che il latitante potrebbe trovarsi lì. A beneficio di chi non conosce i luoghi, Torretta Granitola è un centro abitato di 131 persone, in cui è presente la sede dell’ex IAMC.

Nel maggio del 2022 la Commissione Antimafia si reca in trasferta presso la prefettura di Trapani, e nel corso di un’audizione un uomo viene sorpreso a registrare mentre si parla della sede del CNR. Mentre la Commissione Antimafia aveva, dunque, correttamente preso sul serio la vicenda dell’uso "anomalo" di quella sede, mentre i Carabinieri inviavano informative circa la presenza di Matteo Messina Denaro a Torretta Granitola, i vertici del CNR non trovavano di meglio che intitolare una sala ad una vittima della mafia.

Non è da meno il silenzio imbarazzante dell’attuale vertice del CNR, a seguito di quanto sta emergendo.

La pentola della “borghesia mafiosa” è stata formalmente e finalmente scoperchiata. Ora sta a noi andarci a guardare dentro e pretendere che lo si faccia a tutti i livelli, magari scoprendo le responsabilità personali dei personaggi che vi hanno in vario modo sguazzato e che con tutta probabilità sono ancora nell’Ente a tutti i livelli.

E’ questo l’unico modo concreto per difendere e tutelare realmente l’Ente ed i suoi lavoratori: invocare chiarezza, verità e pulizia all’interno. Lo dobbiamo innanzitutto a Laura Giuliano ed ai colleghi, meno esposti ai riflettori, che con immenso coraggio hanno denunciato il malaffare. Lo dobbiamo ai giovani che sono entrati nel frattempo nella nostra famiglia e a quelli che verranno, perché fare giustizia diventi concretamente un monito ed un indirizzo chiaro che l’Ente non tollera qualunque forma di malaffare, tanto meno la collusione, la connivenza, l’omertà. Lo dobbiamo a noi stessi e al Paese.

A proposito, nel frattempo Laura Giuliano è stata di fatto costretta alle dimissioni dal CNR; per singolare e sfortunata coincidenza, dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro e negli stessi giorni in cui Report ha riproposto il colloquio registrato tra i due, Mario Sprovieri è stato appena nominato Direttore dell’Istituto CNR che ha assorbito parte dell’ex IAMC, ormai dissolto per cancellarne la memoria.

Ultimo aggiornamento Lunedì 30 Gennaio 2023 15:17
 
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